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Rosser Reeves e il “Reality in Advertising”

31 Dicembre 2020 Luca Burei marketing, pillole formative

Parlare di Rosser Reeves e del suo Reality in Advertising non è certamente facile. Per molti questo pubblicitario rappresenta unicamente un esempio poco virtuoso di quella che in pubblicità è definita con l’appellattivo – quasi – spregevole di pubblicità di prodotto.

Nella realtà Reeves fu, ed è, uno dei più influenti pubblicitari della storia. Non va dimenticato il suo approccio al valore “reale” di cui un determinato prodotto si fa portatore, né va lasciato all’oblio il suo atteggiamento assolutamente attento al valore economico che una campagna pubblicitaria ha il compito di generare per il committente.

Egli distingueva la pubblicità “intelligente” da quella “sciocca”: la prima trasferiva un’idea nella testa di un interlocutore, alla seconda invece egli attribuiva la sola funzione di intrattenimento.

Non mi dilungherò su tutti i successi ottenuti da questo “Dio” della pubblicità, vi basti ricordare che la sua agenzia, la Ted Bates, nel giro di soli due anni dall’apertura arrivò a fatturare milioni di dollari, annoverando tra i suo clienti principali marchi del calibro di: Colgate, Continental Baking, Anancin, Palmolive, Minute Maid e molti altri.

Rosser Reevs – Credit. Wikipedia

Rosser Reeves e la rivoluzione creativa di William Bernbach

Possiamo sostenere che R. Reeves stia alla realtà di prodotto quanto William Bernbach stia alla creatività. A tal proposito vi rimando al mio articolo “William Bernbach e la rivoluzione creativa” – clicca qui – . Le posizioni di questi due mostri sacri della pubblicità sono in totale antitesi al punto da portare i contemporanei dell’epoca a definire il nostro “ricchissimo”, in termini economici, Rosser un “disintegratore di cervelli”. Il Times lo descrive in questo modo: “Due cose sono sbagliate nella pubblicità americana, la prima è Rosser, la seconda è Reeves“.

Perché, dunque, tornare su un pubblicitario così discusso e spesso criticato? Semplice. Necessitiamo tutti di un bel bagno di realtà e chi, meglio di Reeves può aiutarci in questo? Mai quanto oggi sono convinto che la lezione di R.R. sia utile per portarci al vero valore per il quale facciamo pubblicità: incrementare i ricavi aziendali.

Il web in tutto questo, e con esso anche chi vi opera, necessità di un ritorno allo studio: se una campagna non vende, viene meno l’utilità del committente. Ecco. Per Reeves l’efficacia di una campagna pubblicitaria si misura proprio nei ROI – Return Of Investment – che essa stessa produce nel tempo.  Contemporaneo di Bernbch, Reeves sostiene che se un prodotto non vende è perché non è forte abbastanza o la sua campagna pubblicitaria non arriva a destinazione in modo chiaro ed efficace. 

Rosser Reeves
Rosser reeves per Anacin. Credit. Wikipedia

Unique selling proposition e Rosser Reeves

Nasce con Rosser Reeves il concetto secondo il quale il consumatore non posside i mezzi per comprendere più di un unico chiaro intendimento pubblicitario; al consumatore non interessano gli orpelli della creatività, quanto piuttosto la UNICA VERITÀ trasmissibile. Nasce da qui il concetto di Unique Selling Proposition – USP.

Per Palmolive è celeberrima la campagna “Bellezza acqua e sapone” che prometteva alle clienti di prendersi cura della loro pelle in 15 giorni. In questa campagna Reeves commissiona uno studio che investe ben 1285 signore interessate a lavarsi il viso 3 volte al dì con acqua e sapone. Il tutto finalizzato a dimostrare la veridicità di una promessa di mercato. Non fa lo stesso anche Loreal, per citare un marchio a caso? In questo ultimo caso, ovviamente il messaggio pubblicitario è condito di quegli “orpelli” che Reeves tanto detestava. Ciò non significa che un messaggio debba essere creativo, quanto piuttosto che non possa essere SOLO CREATIVO.

A Rosser Reeves è da attribuirsi anche la paternità dei “Torture Test” e lo fa per la prima volta con una campagna cult: “Bic. Scrive ogni volta fin dalla prima volta”. La promessa per Reeves deve essere REALE, sempre e comunque. Sulle medesime posizioni possiamo asserire con certezza che si sia masso anche Mr. Dyson che, proprio nella USP dei suoi prodotti ha investito decine di migliaia di dollari.

Per RR la vendita è proprio l’espressione della verità, e tal proposito asserisce che: “Il vero ruolo della pubblicità è esattamente lo stesso del primo venditore che venne assunto dal primo produttore: sottrarre clienti alla concorrenza”; e continua asserendo che: “I nuovi pubblicitari non sono più venditori, sono diventati uomini di spettacolo”. Se ne desume, quindi, che il ruolo principale della pubblicità è la vendita di un bene, finalizzato alla sua implementazione nel tempo. Per RR la pubblicità non alcun altro ruolo.

Nonostante la posizione di Reeves sia in netta contrapposizione con quella di Bernbach né Ogilvy, egli non osò mai criticare l’operato dei suoi colleghi più “creativi”, anzi ne riconobbe un ruolo primario nell’indicare una nuova strada. Criticò, invece, a gran voce coloro che, imitando e scimiottando i padri della rivoluzione creativa, cercavano – Arrancando aggiungerei – di crearsi una reputazione.

La pubblicità ON-LINE e la verità: vendere, vendere, vendere.

Come avrete già capito, ho voluto riprendere Reeves e il suo “Reality in Advertising” in modo provocatorio. Da sempre sostengo che NON sia possibile operare online con sole competenze tecniche e oggi lo riconfermo a gran voce: operare nel web richiede professionalità che vanno oltre la semplice competenza tecnica. Infondo anche una scimmia può riuscire nell’intento di premere quattro pulsanti, non vi pare? La differenza la si fa con la conoscenza delle tecniche di comunicazione, associando questa a dei bisogni specifici di marketing e a quelli del committente.

Spesso chi opera nel web dimentica totalmente il principio per il quale sta operando: creare economia in modo sempre crescente. Se le prole di Reeves in tal senso possono essere eccessivamente “secche” proverò ad attingere a quelle di Séguéla: “Il primo colpo di genio del pubblicitario sta nel mettersi all’ascolto del suo proprio pubblico” (…) “In un pubblicitario il commerciante deve sempre avere la precedenza … Guai al pubblico che manca di realismo” e ancora: “Il matrimonio permanente del sogno e della realtà dà i suoi frutti. I consumatori anche nei sogni più belli mantengono sempre i piedi per terra”. Per finire “I successi di oggi nascono dall’incontro tra utilità e immaginazione”.

Non date, quindi, la colpa agli altri: al web, al copy, all’ecosistema digitale. La colpa è vostra; voi che, in qualità di pubblicitari/venditori, siete venuti meno alla vostra promessa di mercato: la vendita. La base del nostro lavoro, dunque, è la stessa di tutti i pubblicitari della storia: vendere, vendere e ancora vendere.

Molti dei miei studenti mi chiedono da dove si può partire per imparare? Rispondo sempre allo stesso modo: “Esiste una propensione alla vendita, ma è lo studio che fa la differenza. Un tecnico o un grafico non hanno studiato da pubblicitari. Quindi studiate il prodotto, leggete, viaggiate, fate esperienza e rimescolate tutto in modo nuovo, unico e creativo. Insomma imparate l’arte e fatene buon uso”.

Testi consigliati:

R.Reeves, I miti di Madison-Ave. Lupetti

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