Marketing MANAGEMENT [2/6]: piano di misurazione e marketing data-driven

16 Maggio 2023 Daniele Fratin marketing, news

Avete iniziato ad abbozzare i vostri primi piani di marketing?

(se non l’hai ancora fatto, qui trovi il precedente articolo dove affrontiamo il tema)

Molto bene!

L’inizio è sempre entusiasmante, ma vi assicuro che più ne farete e più vedrete le vostre tecniche affinarsi e i vostri piani vi piaceranno sempre di più. 😉

Siamo partiti dagli obiettivi aziendali e dall’analisi di mercato per poter definire la strategia di marketing e quindi sviluppare il nostro piano di marketing strategico e operativo. Tutte fasi fondamentali e propedeutiche al raggiungimento del successo aziendale, ma manca una parte essenziale: la misurazione delle performance.

Come facciamo a conoscere l’impatto delle nostre strategie se non abbiamo degli elementi di riferimento oggettivi? Per valutare in modo professionale l’impatto del nostro lavoro è necessario individuare una serie di metriche che ci permettano di conoscere la situazione iniziale, quella finale e anche l’evoluzione delle attività nel tempo. Solo così saremo in grado, non solo di quantificare la bontà della strategia, ma soprattutto di raccogliere informazioni preziose sul mercato, sulle nostre audience, e su tutte le attività che abbiamo implementato. Di fatto innescheremo un processo ricorsivo che ci permetterà da un lato di verificare le performance della strategia e dell’altro di evolvere costantemente la strategia stessa e il piano di marketing.

Senza dati possiamo solo esprimere delle opinioni”
W. Edwards Deming

approccio all’analisi

esempio di un flusso per l'acquisizione dei clienti
Esempio di flusso per l’acquisizione clienti

Esistono principalmente tre approcci all’analisi dei dati nel mondo del marketing:

  • non fare nessun tipo di analisi (quindi approccio basato sulle opinioni)
  • approccio passivo (pull)
  • approccio attivo (push)

In questo articolo prenderemo in considerazione solamente gli ultimi due, per ovvie ragioni.

L’analisi passiva delle performance è quella più diffusa nel mondo del marketing: alla fine di un progetto o di un’attività operativa si utilizzano gli insight messi a disposizione dalle varie piattaforme utilizzate per la comunicazione e si estrapolano le metriche che si ritengono più utili per leggere l’esito della campagna.

Questo approccio prevede quasi sempre attività di tipo manuale, che puntualmente hanno l’obiettivo di raccogliere i dati dalle piattaforme in un file excel o in qualsiasi altro supporto. Successivamente la figura di riferimento si occupa della trasposizione delle metriche su presentazioni da portare nei tavoli di management.

Le caratteristiche comuni a questa modalità di analisi sono le seguenti:

  • non c’è bisogno di una strategia a monte: questo metodo è spesso usato per avvalorare a valle una strategia (o attività), in questi casi è molto probabile cadere nel bias delle “vanity metrics” che non danno una visione oggettiva della performance;
  • il lavoro manuale richiede un ingente investimento di tempo, sia per la raccolta dei dati che per la creazione delle presentazioni;
  • c’è uno scollamento rispetto alla strategia che quindi passa in secondo piano (sempre che ve ne sia una a monte).

Interpretare l’analisi delle performance in questo modo può avere effetti collaterali molto impattanti sugli obiettivi aziendali, portando gli attori e il management a considerazioni devianti e fuorviate dal metodo di raccolta e lettura dei dati che spesso è puntuale e soggettivo rispetto all’esecutore.

L’analisi attiva invece segue un percorso ben preciso nella definizione delle metriche e della loro misurazione, usando come fulcro per lo sviluppo del piano di misurazione la strategia stessa.

Come abbiamo iniziato a vedere in questo percorso, la strategia di marketing è la risposta agli obiettivi di business, mentre il piano operativo è la declinazione della strategia nelle attività vere e proprie. Costruire il piano di misurazione contestualmente alla strategia, permette di prendere in considerazione tutte quelle metriche strettamente legate agli obiettivi e quindi oggettivizzare quanto più possibile l’analisi delle performance.

Inoltre, il processo di progettazione e individuazione dei vari KPI (key performance indicator), ci da la possibilità di costruire un sistema automatizzato per la raccolta dei dati e la loro rappresentazione attraverso tool dedicati.

In questo modo le attività di raccolta dei dati e presentazione delle performance non richiederanno ulteriori investimenti di tempo, se non per la loro interpretazione (unica attività ad alto valore aggiunto).

Se lo leggiamo secondo la filosofia lean: eliminare il MUDA per concentrare il tempo solo sulle attività a valore aggiunto.

Obiettivi del Piano di Misurazione

Il piano di misurazione ha l’obiettivo principale di abilitare l’organizzazione a prendere decisioni basate sulle performance, oltre a fungere da strumento a supporto delle attività previsionali su obiettivi e relativi investimenti.

Cosa devo misurare per poter avere un contributo oggettivo al raggiungimento dei risultati?

È una domanda se volete banale, ma come molte cose banali ci abilita a mettere a fuoco il ruolo del piano di misurazione.

Obiettivi di un piano di misurazione per il marketing
Obiettivi piano di misurazione

Come spesso accade nella gestione dei progetti, anche per la creazione del nostro piano sono previste diverse fasi:

  • progettazione
  • sviluppo
  • output finale

Partiamo dall’ultimo punto: quello che a noi serve è una rappresentazione strutturata e oggettiva rispetto alle performance delle attività di marketing, da poter monitorare in tempo reale e fruibile dai diversi stakeholder all’interno dell’azienda.

Questo significa avere uno strumento con diversi livelli di output, con metriche aggregate e generiche per quanto riguarda il management, via via sempre più puntuali mentre ci addentriamo nelle diverse aree aziendali, fino a dashboard specifiche utili ai vari specialisti.

Uno strumento inclusivo rispetto a tutti i canali di marketing e all’organizzazione, per garantire coerenza informativa a tutti i livelli e per generare consapevolezza nei team e nelle singole persone rispetto all’impatto delle loro attività.

È facile capire come la strategia, con questo approccio, funga da colonna portante non solo per identificare le azioni da attuare sul mercato, ma parallelamente per costruire un sistema di misurazione oggettivo e radicato su tutti i livelli dell’organizzazione. 

È proprio la bontà della strategia a determinare a cascata la bontà del piano e la misurazione dei dati, quindi ogni aspetto va ben analizzato su ogni specifico progetto.

Tornando alla parte pratica, il piano sarà costituito da una serie di dashboard su differenti livelli di aggregazione: macro, midi, micro. La parte più alta sarà composta da singoli KPI aggregati per valutare le macro-performance lungo tutto il funnel di acquisizione, quella midi sarà composta da dashboard verticali rispetto alle fasi del customer journey, mentre quella micro prevede dashboard verticali sul singolo canale di comunicazione o su tematiche specifiche.

Progettazione del Piano

Strumenti

Per iniziare ad approcciare la progettazione del piano di misurazione avremo bisogno di alcuni strumenti:

  • strategia/piano di marketing
  • modello funnel di acquisizione
  • file excel

Il primo punto lo abbiamo già visto nel precedente articolo.

Il secondo strumento che fungerà da struttura per il nostro piano di misurazione è il modello di funnel di acquisizione (clienti).

Anche questo concetto è strettamente legato alla strategia e al modello di business, di fatto si tratta di un modello che schematizza e illustra il customer journey più rappresentativo per il nostro modello di business.

Semplificando al massimo esistono 3 fasi principali per l’acquisizione di nuovi clienti:

  1. AWARENESS o Top of the Funnel (attività che espongono il brand e il prodotto al mercato)
  2. CONSIDERATION o Middle of the Funnel (attività per ingaggiare i prospect in target)
  3. CONVERSION o Bottom of the Funnel  (attività specifiche per convertire i prospect in clienti)

In letteratura sono disponibili diversi modelli di funnel, dai più semplici a tre stadi (ToFu, MoFu e BoFu), fino a modelli più complessi e strutturati per adattarsi a processi più complessi.

Personalmente utilizzo spesso il modello usato nel growth hacking, il funnel AAARRR (detto anche funnel dei pirati). Solitamente questo funnel copre l’intero customer journey, fino all’adoption del prodotto e a tutta la fase di retention. Questo mi permette di avere una frammentazione puntuale delle diverse fasi e quindi poter sviluppare delle aree di controllo più precise. 

Modello Funnel di acquisizione AAARRR

Come dicevo, i modelli a disposizione sono molti, ma più riuscirete a modellarli e a cucirli al vostro progetto, più sarete in grado di aumentare la precisione del vostro piano. Partite da un modello standard quindi, ma poi sentitevi liberi di modificarlo e adattarlo alle vostre esigenze.

Infine, un evergreen dei tool aziendali: un buon vecchio foglio excel vi aiuterà a mettere ordine durante tutta la fase di progettazione del piano.

Mappatura dei canali di comunicazione

Esempio di canali per attività di marketing

È ora di riprendere in mano il vostro piano di marketing: se avete fatto un bel lavoro, dovreste avere una panoramica chiara del contesto competitivo e delle personas in target con le quali instaurare una relazione. Nel piano operativo inoltre dovreste aver individuato i canali più idonei per raggiungere i vostri target.

Ed è proprio dalla mappatura dei canali che inizia il processo di progettazione del piano di misurazione. Avere ben chiaro quali saranno gli strumenti (compresi quelli offline), di comunicazione e i loro obiettivi sulla base della strategia di marketing, vi permetterà di avere una prima overview sulle attività e quindi sui KPI da misurare.

Nel mondo B2B esistono strumenti e canali che più si prestano a raggiungere le personas in target e costruire dei canali di comunicazione come ad esempio: Linkedin, portali di settore o che trattano tematiche specifiche, fiere, convegni e molto altro.

Definizione delle metriche e dei KPI

Questo è un passaggio tanto delicato quanto fondamentale per l’intero progetto: mettere insieme tutte le informazioni raccolte sul piano di marketing per estrapolare le metriche in target e aggregarle nei diversi KPI che andranno a comporre il nostro piano di misurazione.

Qui entra in gioco il nostro foglio di calcolo che ci servirà per creare una matrice che contenga le diverse fasi del funnel e i rispettivi canali che concorrono al raggiungimento degli obiettivi. 

Nelle colonne invece vi sarà utile esplicitare diverse informazioni come: le tattiche da usare in base al canale e all’obiettivo del funnel, la metrica che si vuole misurare, l’effort previsto per quella attività. Si possono inserire anche una serie di informazioni secondarie per agevolare il lavoro di costruzione del piano, come il tipo di connettore necessario per Google Locker Studio (lo vedremo nel prossimo articolo), e altri parametri a seconda delle necessità.

Questa panoramica, granulare e puntuale, vi permetterà di ottenere una overview su tutti i canali del piano, di come saranno usati a seconda dei diversi touch point lungo tutto il funnel di acquisizione, e quali metriche vi permetteranno di misurare le relative performance.

Prendetevi il tempo necessario, lasciate passare qualche giorno e poi riguardate questo schema a mente fresca: è il fulcro di tutta l’attività di misurazione e più sarà preciso, più il vostro piano sarà performante.

Aggregazione delle metriche

esempio compilazione file excel per progettazione piano di misurazione e individuazione metriche
Esempio configurazione file excel per progettazione piano di misurazione

L’aggregazione delle metriche è un processo che riguarda principalmente i livelli macro e midi del piano di misurazione: si tratta di studiare e raggruppare in modo coerente le metriche dei diversi canali che concorrono allo stesso tipo di attività strategica.

Se voglio quantificare l’impatto delle mie attività di awareness devo considerare tutti i canali che utilizzo per questa attività, trovare una metrica comune a tutti (es. impression), e aggregarla per avere un dato unico e coerente.

Per farlo bisogna ripercorrere dal basso — approccio bottom up — le dashboard che andranno a costituire il vostro piano di misurazione: vi ricordate? L’obiettivo è quello di avere 3 livelli di analisi: micro, midi e macro.

Per il livello macro sarà necessario quindi individuare una serie di KPI aggregati tra i diversi canali che concorrono a sviluppare il risultato, ad esempio per un determinato step del funnel.

Torniamo all’esempio di prima.

Se pensiamo all’awareness, un semplice KPI “macro” è quello che mi restituisce il valore delle impression di tutti i canali di comunicazione, online e offline.

Se pensiamo ad un progetto tipo, spesso vengono individuati diversi canali che contribuiscono ad alimentare questo obiettivo: social media, posizionamento organico, attività di advertising (SEA, SMA), attività editoriali offline, eventi.

Se abbiamo fatto un buon lavoro durante l’identificazione dei KPI dei nostri canali, dovremmo facilmente riuscire a individuare la metrica giusta. Non finisce qui, lo step successivo è quello di individuare la metrica comune tra tutte. Cosa significa?

Come saprete ogni piattaforma utilizza una nomenclatura e delle metriche “proprietarie” che spesso non trovano riscontro su altri canali, almeno non direttamente. Non posso infatti confrontare la copertura di Linkedin con la reach di facebook, perchè una considera le visualizzazioni uniche (visualizzazione unica per utente), mentre l’altra quelle totali.

Fare aggregazione significa studiare bene tutte le metriche messe a disposizione dai diversi canali, confrontarle e alla fine scegliere quella migliore rispetto all’obiettivo, ma allo stesso tempo presente in tutti i canali in esame. Nel nostro esempio le impression: il numero di volte che il nostro brand, pubblicazione, adv, snippet, articolo, ecc. viene semplicemente visto dell’audience.

Tutto “facile per quanto riguarda gli strumenti digitali. Ma per l’offline?

Per chi fa marketing è risaputo che le attività sui canali offline sono quelle più difficili da monitorare, a volte impossibili. Nel nostro caso però si tratta di un progetto omnichannel, e per questo vogliamo considerare nel nostro piano anche i canali offline.

Quindi passiamo da considerare questa attività impossibile a possibile, sicuramente meno precisa delle sue sorelle digitali ma comunque misurabile. Vediamo un esempio.

Sempre parlando di awareness abbiamo deciso di fare una pubblicazione su una testata cartacea a livello nazionale. Ogni casa editrice solitamente fornisce un media kit dove sono riportate tutte le metriche relative alla tiratura della rivista, basterà fare lo stesso lavoro fatto per i canali digitali: analizzare la metrica che più fa al caso vostro e inserirla nel foglio excel (esempio: lettori = impression, copie totali = reach).

esempio architettura canali di marketing
Esempio di architettura dei canali di marketing

NEXT STEP

Concluso questo lavoro, dopo aver rivisto con attenzione la mappatura e l’aggregazione delle metriche e dopo averle confrontate ancora una volta con gli obiettivi del piano strategico, è giunto il momento di costruire il piano di misurazione tramite l’utilizzo di tool dedicati alla visualizzazione dei dati.

Nel prossimo articolo vedremo come fare questa attività con Google Looker Studio (esistono anche altre soluzioni), così da rendere il nostro progetto finalmente utilizzabile. 

Ci rileggiamo tra 60 giorni 😊!

Chi sono

Un appassionato del mio lavoro. Anzi, diciamo che ho fatto della passione il mio lavoro.

Ho una laurea in Marketing e Organizzazione d’impresa, ma credo sia stato il diploma come perito meccanico a darmi un mindset pragmatico e progettuale alla disciplina del marketing.

Sono un full stack Marketing, ho iniziato formandomi su molti aspetti operativi (Graphic design, SEO, growth, digital, data analysis, sviluppo) e oggi sono focalizzato sulle strategie e l’analisi dei dati. Mi piace affrontare i progetti in modo strutturato, avere e dare risposte sui risultati raggiunti – e non raggiunti.

Lavoro da 12 anni principalmente a progetti B2B, sono stato e sono Head of Marketing in diverse aziende SaaS e sono CMO e co-founder di MINDIT, startup legata al mondo dell’informazione.

Ancora nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.