Le figure retoriche nel linguaggio pubblicitario: premessa
Il linguaggio pubblicitario, per essere realmente efficace, deve porsi l’obiettivo di essere compreso da quante più persone afferiscono al target per il quale è concepito. Esso, quindi, deve sempre risultare chiaro e di facile comprensione, privo di orpelli grafici e testuali. Per facilitare la comprensione del messaggio pubblicitario da parte del pubblico di riferimento, probabilmente anche mentre sto scrivendo questo articolo, da qualche parte del mondo “Tony the Art Director” starà pensando di usare le figure retoriche per confezionare questo o quel messaggio pubblicitario.
Come abbiamo già visto in precedenza, la prima e più importante lex pubblicitaria da imparare è la sintesi. Esprimere un concetto pieno con poco è certamente molto più difficile che farlo argomentando in modo articolato. Il vero problema quindi, come già ci insegna Bernach, è trovare il modo di essere chiari, semplici e facilmente comprensibili nella novità, utilità e creatività.
Anche se tratteremo il tema della figure retoriche in pubblicità, vi ricordo quella che per me è la “riflessione quotidiana delle 8.30 del mattino”:<< Il tempo è un bene prezioso, difficilmente incontreremo un pubblico che ne abbia a disposizione a sufficienza per volerlo investire al fine di capire cosa noi gli stiamo cercando di comunicare>>:. Il “tempo” del nostro pubblico è inversamente proporzionale alla quantità di informazioni che quotidianamente gli è richiesto di gestire: oggi ben 12 GB/giorno, contro i 5 Gb/giorno di cinque anni fa. In buona sostanza sono aumentati i messaggi pubblicitari e si è ridotto, quindi, il tempo che il nostro pubblico potrà dedicare a noi. Vien da se che oggi, più che mai, siamo portati ad escludere in modo rapido quei messaggi privi di valore e significato, come quello a seguire. In questo messaggio NON vi è ALCUN CONTENUTO DI VALORE: avremmo potuto associare questa immagine a qualunque altro titolo scontato, senza mai dare un senso allo sforzo che ha portato alla composizione di questa cosa. Ben diverso sarebbe stato se l’azienda avesse cercato in qualche modo di lavorare sulla necessità di seguire le proprie passioni, trasformando un messaggio “apparentemente banale” in una campagna di branding, proprio come ha fatto Diesel con “Be Smart”.
Detto e premesso ciò, per elaborare in modo piuttosto semplice un messaggio pubblicitario intuitivo consiglio di pescare a mani piene dal mondo delle figure retoriche. Non vi sto chiedendo di studiare le figure retoriche in letteratura, anche se ogni tanto un ripassino non fa male, quanto piuttosto di analizzare i messaggi pubblicitari esistenti e cercare di comprenderli in afferenza alle figure retoriche principali della pubblicità. Premesso che le figure retoriche possono essere suddivise per macro insiemi – amplificazione, chiarificazione, dilatazione, sostituzione e così via – , tema che non affronteremo in questa sede, vediamo assieme quali sono figure retoriche più utilizzate in pubblicità.
Figure retoriche e pubblicità
Sinestesia.
Famosa è quella del Pascoli né “Il gelsomino notturno”, in cui il poeta evoca attraverso il senso del profumo la maturazione cromatica del frutto – “Odore di fragole rosse”. Anche nella lingua parlata sono in uso diffuso queste particolari figure retoriche: pensate a “voce calda”, “freddo temperamento”, “morbido gusto”, tutte sinestesie che usate ogni giorno. Anche in pubblicità è frequente tale uso, soprattutto per quei prodotti che rimandano al benessere alla cura della persona, ma anche a tutto ciò che evoca un particolare sapore. Pensate alla famosa pubblicità di CocaCola “Try to don’t heard it” in cui il solo rumore dell’apertura di quella bevanda gassata dovrebbe rimandare al suo particolare ed inimitabile gusto. Celeberrima è anche la campagna di riportata a seguire e lo slogan “Fate l’amore con il sapore”.
Metafora.
Essa consiste nella sostituzione di un elemento con significato proprio al posto di uno con un significante astratto, ma di medesimo significato o affine. Ci sono molti esempi che rimandano a delle metafore, tra tutti l’uso – in realtà l’abuso – alle divinità greche per la rappresentazione di alcuni profumi lussuosi. Celebre, perché pensata e studiata, e quindi con un senso compito è una non recentissima campagna pubblicitaria di Halls.
In questo caso il WWF accusa il disboscamento di essere una malattia, trasformando graficamente una foresta in un paio di polmoni. Come è facile da capire il rapporto significante – significato NON è MANIFESTO
Similitudine.
Una delle più usate figure retoriche pubblicitarie, essa per la sua virtù di alludere a qualche cosa di già ampiamente condiviso, ha il vantaggio di essere facile da comprendere. Se vi dicessi: <<Furbo come?>>: mi rispondereste probabilmente:<<Una volpe>>. Bene avete appena pensato ad una similitudine. Il visual in questo caso è sempre di supporto per rendere manifesta graficamente l’allusione. Potrei continuare con decine di esempi, ma preferisco lasciare a voi il compito di scovarne alcune tra i prodotti più noti del lusso italiano. Mitsubishi sostituisce al motore del nuovo Pajero un rinoceronte, rendendo manifesto il rapporto significante – significato.
Ripetizione.
Si tratta di una figura retorica molto cara ai grafici, principalmente. In modo quasi ossessivo di ripete il prodotto o il suo nome in modo continuo e ripetitivo, proprio a voler far entrare nella testa del nostro interlocutore quello specifico elemento. In tal senso vi rimando alle numerose advertising di VW per Maggiolino, piuttosto che a quelle di Dior per il profumo J’adore specchiato in una sorta di profonda galleria di specchi.
Scopri il mio articolo sulle altre figure retoriche pubblicitarie
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