Capita che durante i corsi di social media marketing, l’attenzione della classe si concentri su un argomento particolare.
Quando si parla di hashtag capisco che il momento è arrivato. La curiosità sale e le orecchie si tendono, come se la classe si aspettasse una formula segreta dai benefici effetti. Purtroppo non c’è nulla di tutto ciò. Solo metodo, esperienza e creatività.
Riconosco che non è semplice per chi non è abituato ad usarli nemmeno nei propri profili social, costruire una propria forma mentis da applicare a fini business. Parlare di hashtag, pensando che ormai sia un argomento già condiviso da tutti e soprattutto già capito, è prematuro.
Mi ricollego ad un articolo uscito questa settimana sul magazine Entrepreneur che analizza come fallimento e successo di una campagna marketing dipendano anche da un corretto uso degli hashtag.
Bhe, per tutti quelli che ancora nutrono dubbi su quali e quanti hashtag usare nelle proprie attività business , vi ho preparato una breve “lista della spesa” che mi auguro possa aiutarvi a smaltire le ultime insicurezze. Poi, per tutto ciò che riguarda il mondo social, ripeto il mio mantra: “creare, provare, analizzare e poi creare ancora”.
1. Cosa è un hashtag?
L’hashtag identifica un argomento di discussione (hash = il segno cancelletto e tag = etichetta). Il suo utilizzo identifica quindi la natura del contenuto ed è uniformemente riconosciuto da tutti, in ogni social network in cui esso venga utilizzato: Facebook, Twitter, Instagram, Google + e Pinterest.
Più alta è la sua diffusione, maggiori sono i benefici nei confronti di chi lo utilizza, perché lo espone ad una visibilità maggiore.
Con trending topic si identifica l’hashtag che in un determinato periodo e in un determinato luogo, viene utilizzato maggiormente nelle discussioni. Ad esempio, lo scorso weekend, in occasione della finale, #MissItalia è stato trending topic su Twitter Italia. Ma ovviamente, in Germania, non lo era.
Per conoscere gli hashtag di tendenza potete anche sfruttare molti tool gratuiti come Social Mention, Trendsmap, Hashtags, Hashtagify e Keyhole. In questo modo potreste anche trovare dei suggerimenti importanti da mettere in pratica.
2. Riconoscere un hashtag
La struttura di un hashtag è costituita da # + termine su cui costruire la conversazione. Se quest’ultima si tratta di una parola composta, deve essere scritta senza spazi. Tra loro gli hashtag devono essere separati dallo spazio.
Fate attenzione quando lo utilizzate in una campagna marketing ed evitate il più possibile di commettere errori di scrittura o utilizzarne più di uno per la stessa attività, generando confusione tra i vostri utenti.
Il modo migliore per riconoscere l’hashtag da utilizzare, è cercarlo nella pagina ufficiale del brand che lo ha lanciato, ma se anche li è sbagliato…beh, vedi caso Sephora Australia, il problema potrebbe essere presto fuori dal vostro controllo.
Qui, invece, vi indico alcuni tra i più famosi epic fail che riguardano gli hashtag, dove non sono stati presi in considerazione i doppi sensi, gli acronimi, il significato che assumono le parole se accostate, oppure errori che gli utenti hanno reso virale.
BlackBerry e l’hashtag #RIMjobs che ha origine da questo articolo
(RIM era il nome dell’azienda, poi diventata BlackBerry Limited, ma in questa eccezione assume un significato molto diverso, vedi link).
#susanalbumparty
Per il lancio del nuovo album di Susan Boyle…letto diversamente diventa su’s anal bum party.
#ballotaggi2016 scritto per errore con una “t”
Niente ha fermato la sua diffusione, fino a diventare di tendenza.
3. L’hashtag può diventare un’estensione del vostro marchio
Un tipo particolare di hashtag è il branded hashtag che, come potete immaginare, ha un legame speciale con il brand che lo utilizza. Il branded hashtag è l’hashtag di riferimento per un’azienda e la sua diffusione, dipende dalle strategie aziendali, in quanto può essere, solo rappresentativo di una comunicazione corporate, ma anche legato ad una attività dell’azienda o ad uno specifico prodotto. #JustDoIt è lo slogan principale di Nike prima di trasformarsi in hashtag e il suo legame con l’azienda è indissolubile fin dal 1988. Ma Nike utilizza anche hashtag specifici per il prodotto #airmax oppure, come nell’esempio, #lunarepic.
‘The End’ is just something they put on movies. #justdoithttps://t.co/eoYmSlyb7T
— Nike (@Nike) 22 agosto 2016
レースシーズン、到来。心地よい気候、お気に入りのカラーに身を包み、今すぐ走り出そう。超軽量なナイキ ルナエピック LOW フライニットが、あなたのランを加速させる。#lunarepichttps://t.co/oFh97Qse38 pic.twitter.com/ihTzzHVJPf
— NikeWomen_JP (@NikeWomen_JP) 12 settembre 2016
Se dovete scegliere il vostro branded hashtag, come prima cosa, assicuratevi che non sia già ampiamente utilizzato e associato ad uno specifico argomento o marchio. Evitate termini generici che non rappresentino la vostra azienda al 100%. Prendiamo sempre l’esempio di Nike. I termini #sport o #sneakers non identificano quel brand per quanto siano pertinenti.
4. Proteggere l’hashtag
Come detto le potenzialità in termini di visibilità di un hashtag sono altissime. Non se ne sono accorti solo i top brand, ma anche tutte quelle piccole/medie realtà che intendono raggiungere un posto al sole rapidamente, utilizzando hashtag specifici e approfittando della loro notorietà temporanea ad esempio #expo2015 #XF10 (XFactor 10), oppure occasionale, come si può verificare dai trend di Twitter Italia, nel caso di #SOTEU (State of the European Union).
“Credo in #UE perchè mio padre ha trasmesso questi valori.Noi cosa trasmettiamo ai nostri figli?” @JunckerEU #SOTEU pic.twitter.com/PTIMbHka5N
— UE in Italia (@europainitalia) 14 settembre 2016
Un caso che ha fatto molto discutere quest’estate è stato quello relativo all’uso di #Rio2016 e #TeamUSA. L’USOC (Comitato Olimpico degli Stati Uniti) ha intimato ad alcune aziende, sponsor di atleti, di non utilizzare tali hashtag, in quanto di loro proprietà. Una tale presa di posizione è soprattutto volta a proteggere gli sponsor ufficiali della manifestazione come Coca Cola, McDonald, GE, P&G, Visa e Samsung.
Congratulations, English Gardner on your first Olympic Gold Medal for 4×100! #TeamVisa #Rio2016 pic.twitter.com/2YhMxWEOq5
— Visa (@Visa) 20 agosto 2016
Negli Stati Uniti è possibile registrare un hashtag come fosse un marchio aziendale già dal 2013 e in Italia non esistono restrizioni che riguardano la registrazione di un hashtag. Le esclusioni riguardano solo le parole generiche come #scarpe o #smartphone che non sono rappresentative del brand.
In questo modo le aziende possono proteggere la loro esclusività all’uso dell’hashtag, vietando di conseguenza l’utilizzo o l’abuso da parte della concorrenza o di chi potrebbe approfittarne per fini commerciali.
Per quanto riguarda tutti gli altri utenti dei social network, non esiste nessuna restrizione ne pagamento del diritto all’uso dell’hashtag, purché, come detto prima, non abbiate finalità commerciali.
5. Non sottovalutate chi parla di voi
Altro aspetto importante, quando cercate il vostro hashtag di riferimento, è quello di ascoltare la rete. Cosa pensa di voi? Come è percepito il vostro servizio e i vostri prodotti?
Il rischio maggiore è che l’hashtag vi torni indietro come un boomerang impazzito.
Famoso è il caso di McDonald’s e il suo #McDStories che nelle intenzioni dell’azienda voleva coinvolgere gli utenti e ispirare storie emozionanti riguardo l’Happy Meals e invece ha attirato solo critiche di quanti considerano i fast food un male sociale.
Altro esempio, di casa nostra, è stato quello di #guerrieri, con tanto di campagna pubblicitaria televisiva. Era il 2013 ed Enel incarica Saatchi & Saatchi, una delle agenzie pubblicitarie più importanti al mondo, di realizzare un’attività rivolta a tutti gli utenti. La campagna voleva esprimere gratitudine verso tutte quelle persone che cercano ogni giorno di far progredire l’Italia con il loro lavoro. Gli utenti sono stati invitati a condividere in un sito le loro storie e le sfide di tutti i giorni.
Il concorso non ha raccolto quanto sperato e gli utenti si sono concentrati invece a criticare l’operato dell’azienda e le bollette troppo alte. I veri guerrieri diventano quelli che nonostante Enel, riuscivano a rientrare dalle spese a fine mese.
In questi casi si parla di bashtag, ovvero tag che generano attacchi dagli utenti. #NonSottovalutateli.
6. Non usare gli hashtag in modo improprio
- Utilizzare troppi hashtag oppure hashtag generici come #like4like #picoftheday #me #love #instafollow, è molto comune, soprattutto su Instagram. Sono hashtag che hanno un altissimo potenziale di visite, ma per un tempo troppo breve per essere percepito dagli utenti, considerata la mole di immagini che vengono caricate ogni secondo. Possono aiutare, ma puntare la propria strategia quasi esclusivamente su questi tag non porta a nessun risultato di qualità.
- Gli hashtag troppo lunghi sono poco pratici per gli utenti, quindi evitateli e magari sostituiteli con un acronimo ad esempio #DigitalMarketingExpositionConference2016 diventa #dmexco. Sono gli stessi organizzatori a suggerire di usarlo.
- Siate coerenti. Se utilizzate un hashtag specifico di un’attività, usatelo in tutti i social network che gestite, ma fate attenzione. Usare gli hashtag non avrà lo stesso successo in tutti i social network. Su Facebook ad esempio, un utilizzo sconsiderato anche di soli 3 hashtag potrebbe abbassare le percentuali di engagement. Storia diversa per Twitter e Instagram. Qui sono di casa. Anche su Pinterest sono accettati ma se ne cercate uno in particolare, il sistema farà comunque una ricerca legata alla parola, ad esempio “#sedia” o “sedia” vi ridarà gli stessi risultati. Quindi ripartite bene i vostri sforzi.
- Concludiamo con la mia preferita.
Scrivere #un #hashtag #per #ogni #parola è, non solo fastidioso, ma praticamente inutile.